Dalla collaborazione tra quattro Paesi che affacciano sul Mediterraneo (Italia, Spagna, Francia e Grecia) nasce
un sistema condiviso di studio, analisi e raccolta dati sul marine litter e i suoi effetti. Uno strumento comune a tutte le aree protette costiere per controllare efficacemente il fenomeno e confrontare dati sino ad oggi non compatibili tra loro.
Questo il primo concreto risultato ottenuto dal progetto europeo
MedSeaLitter,- cofinanziato dal Programma Interreg Med – che vede la partecipazione di istituti di ricerca, associazioni ambientaliste e
università italiane, spagnole, francesi e greche, capitanate dal Parco Nazionale delle Cinque Terre che è capofila del progetto, nato proprio con l’obiettivo di sviluppare protocolli e azioni condivise per combattere un problema che caratterizza tutti i Paesi costieri e che quindi va combattuto superando l’ottica dei confini, delle competenze e delle responsabilità dei singoli stati.
Dopo una fase di studio, i partner di progetto hanno testato i protocolli per il monitoraggio dei rifiuti galleggianti e dei rifiuti ingeriti dalle specie marine. Con 673 ore di monitoraggio per oltre 19.000 km lineari di costa, la sezione del
protocollo per il floating litter è stato validato da piccole, medie e grandi imbarcazioni e da monitoraggi aerei effettuati da droni.
Per quanto riguarda invece la parte del
protocollo riguardante i micro rifiuti ingeriti dalla fauna, sono stati messi a punto sistemi condivisi di monitoraggio, testati su 846 esemplari di tartarughe e pesci, nel 51% dei quali sono stati trovati rifiuti.Il Protocollo complessivo, validato dai partner di progetto nel mese di marzo, verrà ora proposto e diffuso in tutto il Mediterraneo attraverso una serie di incontri programmati in Grecia, Francia, Spagna e Italia che coinvolgeranno oltre 50 Aree Marine Protette.
I partecipanti daranno il via quindi alla fase successiva del progetto che prevede la
creazione di un network di Aree Marine Protette (AMP) mediterranee che adottino un protocollo comune di interventi integrati e condivisi per combattere i rifiuti in mare, attraverso una specifica formazione destinata al personale delle AMP sul tema del marine litter e i sistemi di monitoraggio.
“Oltre 260 specie, tra cui invertebrati, tartarughe, pesci e mammiferi marini, – dice
Patrizio Scarpellini, direttore del Parco Nazionale delle Cinque Terre – sono direttamente o indirettamente colpiti dal fenomeno; alcuni rimangono impigliati, altri ancora li ingeriscono, con conseguente disfunzione del movimento e dell’efficienza riproduttiva, lacerazioni, ulcere e morte. Infatti – prosegue Scarpellini – il problema dei rifiuti marini e in particolare la frazione plastica, è un fenomeno che ha effetti devastanti non solo sulla biodiversità, ma anche sulla qualità delle acque e degli interi sistemi territoriali.”
Il Mediterraneo, per la sua variegata eterogeneità di ecosistemi,
è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È anche un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, e nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali.
Come per tutti i mari e gli Oceani, il Mediterraneo è fortemente
minacciato dalle concentrazioni di rifiuti. La maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo, con concentrazione dei rifiuti in alcune aree comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura di bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico.
Tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale. I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono infatti l’aggrovigliamento (intrappolamento) e l’ingestione.
Nonostante ormai da alcuni anni molte organizzazioni del Mediterraneo stiano lavorando su questo tema, non esisteva ancora alcun protocollo condiviso a livello di bacino, per valutare uniformemente l’inquinamento da rifiuti marini. Per questi motivi MedSeaLitter ha voluto insistere sul ruolo chiave che le Aree Marine Protette svolgono sui propri territori, non soltanto per le preziose azioni di monitoraggio e ricerca ma, soprattutto, per gli interventi di
governance finalizzati alla tutela della biodiversità e per la possibilità di scambiare esperienze e condividere il
know-how sviluppato nel corso del progetto per fare in modo che il protocollo ottenga il risultato potenzialmente più alto nella lotta ai rifiuti in mare.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con le notizie di GreenCity.it iscriviti alla nostra Newsletter gratuita.
Notizie che potrebbero interessarti:
Alberi di Natale nelle piazze italiane, PEFC:...
“Deep Rising”, il documentario che denuncia i...
Cambiamento climatico: il ritiro dei ghiacciai...
Plastica Nera: un rischio silenzioso per la...
Studio ENEA e INGV: temperatura Mediterraneo,...
Copernicus: il 2024 sarà quasi certamente...