Al giorno d'oggi sono molte le persone che decidono
di prediligere l'acqua pubblica a quella in bottiglia al fine di adottare comportamenti sempre più green nella vita di tutti i giorni. Ma è una scelta davvero sicura? In generale sì, ma dipende anche dalla località e dalla qualità della rete che arriva alla propria abitazione.
Per avere un quadro della qualità dell'acqua di alcuni dei principali acquedotti italiani,
Altroconsumo ha svolto un'indagine prendendo in analisi le fontanelle pubbliche di 35 città e analizzando su ciascun campione ben 400 parametri, tra i quali durezza, residuo fisso, sodio, nitrati, metalli pesanti, solventi, pesticidi, disinfettanti. Tutti i valori delle realtà considerate
risultano ampiamente al di sotto dei limiti di legge (90% delle fontanelle con giudizio buono o ottimo, solo 1 caso di insufficienza) e la scelta di rinunciare all'acqua in bottiglia si conferma la più sostenibile, perché permette di evitare circa 17 kg di rifiuti di plastica per persona all'anno.
Tuttavia, dall'analisi emerge un altro problema:
la presenza di microplastiche. Questi contaminanti, che potrebbero provenire da fattori esterni sia nell'acqua pubblica che in quella in bottiglia, sono stati trovati in tutti i campioni analizzati.
Il
tema è allo studio da pochi anni: l’Oms ritiene che gli attuali livelli di microplastiche nell'acqua potabile
non rappresentino un pericolo per la salute, ma invita anche a
compiere studi più approfonditi e con metodi standard, che ancora non esistono.Sta di fatto che - tra inquinamento e prodotti che le contengono (vernici, rivestimenti, detergenti, cosmetici...) - le
microplastiche si trovano ormai dappertutto (oceani, pesce, aria ecc.), tanto che - nei panni di un consumatore che beve alle fontanelle, non adottando quindi accorgimenti particolari per i campionamenti - bisogna
presumere che il numero di particelle per litro rilevato nei 15 prelievi potrebbe avere risentito in maniera non trascurabile delle
condizioni esterne all’acqua raccolta (ad esempio aria, polveri, vento, tessuti, manufatti nei dintorni).
A prescindere dalla fonte, però, la
diffusione e la varietà di polimeri rilevati ci confermano una realtà con cui fare i conti: le microplastiche possono facilmente raggiungere l’acqua che beviamo, anche in elevate quantità, e diventa sempre più
urgente procedere con il monitoraggio e la definizione di limiti.
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