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Greenpeace contro le trivelle: il petrolio minaccia il futuro del turismo italiano

Pubblicato il: 24/07/2015
Autore: Redazione GreenCity
Greenpeace ricorda che soltanto fra il 3 e il 12 giugno il Ministero dell’Ambiente ha autorizzato ben undici progetti di prospezione di idrocarburi in mare con la tecnica dell’airgun.
Ieri un gruppo di attivisti di Greenpeace ha protestato pacificamente davanti alla piattaforma petrolifera offshore Sarago Mare A, posizionata a soli tre chilometri dalla costa di Civitanova Marche. Gli attivisti hanno steso a pelo d’acqua, proprio sotto la struttura gestita dalla Edison, un grande striscione galleggiante con la scritta “STOP TRIVELLE”. Poi si sono finti turisti di un possibile futuro prossimo, in cui le vacanze balneari potrebbero svolgersi all’ombra delle piattaforme petrolifere.
La protesta di Greenpeace fa parte della campagna TrivAdvisor (trivadvisor.greenpeace.it) con cui l’associazione ambientalista mette in guardia l’opinione pubblica dai piani del governo Renzi, che rischiano di regalare i nostri mari alle compagnie petrolifere. In poche settimane, più di 43 mila persone hanno già firmato la petizione di Greenpeace per chiedere una radicale revisione della strategia energetica basata sull’estrazione di petrolio e gas dai fondali marini.
«Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un attacco inedito e su vasta scala ai nostri mari», ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. «Con la protesta di oggi vogliamo mostrare in maniera concreta la minaccia che incombe sui litorali italiani. È davvero questo il futuro che vogliamo, fatto di airgun, trivelle e piattaforme? Di petrolio sotto i nostri fondali ce n’è pochissimo: quantità irrisorie per il fabbisogno energetico del Paese, ma occasione di profitto per una manciata di aziende. Dovrebbe essere chiaro a tutti che il gioco non vale la candela».
Secondo le stime del ministero per lo Sviluppo Economico, sottolinea Greenpeace, le riserve certe di petrolio sotto i nostri fondali equivalgono a meno di due mesi di consumi nazionali.
"Riempire i nostri mari di trivelle, dunque, non ridurrebbe la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero. E non porterebbe alcun vantaggio significativo per le entrate pubbliche: le attività di estrazione di idrocarburi offshore, infatti, generano gettiti fiscali modestissimi perché le compagnie si avvalgono di franchigie e royalties tra le più basse al mondo. Assai modeste anche le ricadute occupazionali, al più nell’ordine di poche migliaia di unità, mentre il rapporto tra investimenti e occupazione generata per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica sarebbe incomparabilmente superiore" evidenzia in una nota l'associazione ambientalista.


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Categorie: Ambiente

Tag: Ambiente

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