Il 3 dicembre la Norvegia ha annunciato la sospensione di tutte le attività di estrazione mineraria dai fondali marini. Per i prossimi quattro anni non verranno rilasciate nuove licenze né per l’esplorazione né per l’estrazione in acque profonde.
La decisione arriva in seguito alle pressioni dei cittadini che ha portato a un accordo politico per fermare qualsiasi avanzamento del deep seabed mining (DSM). Il bilancio approvato dal governo norvegese prevede inoltre la creazione di una commissione incaricata di pianificare la transizione ecologica e la graduale uscita dai combustibili fossili, un aumento degli investimenti nel Fondo Norvegese per gli Investimenti Climatici, più risorse per la tutela delle foreste nazionali e un incremento della tassa sul CO2 per il settore petrolifero e del gas: misure alle quali i team del WWF hanno contribuito in maniera significativa.
La sospensione adottata dalla Norvegia si basa saggiamente sul principio di precauzione di fronte a un’attività – il deep seabed mining – di cui non è ancora possibile stimare l’impatto con accuratezza. Gli scienziati avvertono che lo sfruttamento minerario dei fondali profondi potrebbe causare danni irreversibili al delicato equilibrio tra sedimenti, nutrienti e organismi, compromettendo anche la capacità degli oceani di immagazzinare carbonio: le profondità marine rappresentano infatti il più grande deposito di carbonio del pianeta (WWF report, 2025)
Le ripercussioni potrebbero essere significative per industrie e comunità che dipendono da oceani sani. Ad esempio, lo scarico dei residui minerari a mezza colonna d’acqua potrebbe disperdere metalli pesanti nella catena alimentare, con conseguenze gravi per la pesca. La DSM potrebbe inoltre contribuire all’estinzione di specie ancora sconosciute.
Nonostante le affermazioni delle aziende coinvolte nello sviluppo del settore, oggi non esistono tecnologie in grado di effettuare una reale valutazione d’impatto ambientale, considerato che meno del 5% degli ecosistemi di profondità è stato finora studiato. Per gli istituti finanziari, sostenere attività di DSM comporta rischi notevoli – economici e reputazionali – a fronte di benefici limitati e con la concreta possibilità che le licenze vengano ritardate o non concesse.
Il WWF è parte della coalizione internazionale che chiede una moratoria globale sul deep seabed mining. Ad oggi vi aderiscono 40 Paesi, tra cui Francia, Germania, Spagna, Danimarca, Brasile, Canada e Regno Unito, oltre a grandi aziende come Google, Apple, BMW e Samsung.
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Categorie: Ambiente
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