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Conchiglie e coralli: restano 50 anni per salvarli dall'acidificazione degli oceani

Pubblicato il: 21/06/2022
Autore: Redazione GreenCity
Gli oceani assorbono circa il 30% dell’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera e il loro pH si continua costantemente ad abbassare: se questo trend non s’invertirà entro i prossimi 50 anni ci saranno effetti irreversibili per l’uomo e la scomparsa di diverse specie marine.
È possibile immaginare un mondo senza conchiglie e coralli? La risposta è ovviamente no, ma occorre agire in fretta perché il punto di non ritorno è vicino. L’ecosistema marino è in grave pericolo e le prime conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti, come dimostra lo sbiancamento della Grande Barriera Corallina in Australia e la presenza sempre più massiccia di alghe nella Riviera Maya del Messico. Nella giornata di oggi, martedì 21 giugno, si celebra la Giornata Mondiale della Conchiglia (istituito dal Lee County Visitor & Convention Bureau per salvaguardare le centinaia di migliaia di conchiglie della baia di Fort Myers e sulla prospicente isola di Sanibel in Florida) che, nel corso della storia dell’uomo, è stata impiegata per i più disparati scopi: da moneta di scambio a strumento musicale, fino a oggetto da cui ricavare monili e gioielli.
Le conchiglie sono una meraviglia della natura che rischiamo di perdere – 
allerta Stefano PedoneProject Officer per SEAstainable all’interno di Worldrise Onlus – Nate come stratagemma sviluppato da alcuni animali per difendersi dai predatori, con il passare delle ere le conchiglie hanno svolto ruoli ecologici molto più ampi e complessi”. Per comprendere meglio la vastità di questa specie marina basti pensare che esiste un ramo della zoologia chiamato malacologia: questa branca dedicata è in continua evoluzione “perché attualmente si stima che sul Pianeta siano presenti 20mila specie di bivalvi, tra i 40 e 100mila gasteropodi e molti altri molluschi”, spiega Stefano Pedone. 
Tutto questo ecosistema, però, è seriamente minacciato dal progressivo aumento di CO2 nell’atmosfera dovuto ai combustibili fossili e alla deforestazione che si riflette sugli oceani: una quantità significativa di CO2 (circa il 25-30%), infatti, viene assorbita dai mari con gravi conseguenze per tutto il biosistema marino.
I recenti studi pubblicati su 
Nature illustrano come il pH del Mar Mediterraneo si stia abbassando di circa 0.0044 punti all’anno: se questo trend fosse confermato in 50 anni assisteremmo ad una diminuzione del pH di 0.2 punti scendendo dall’attuale 8.1 ad un ipotetico 7.9. Sebbene possa sembrare una variazione minima, questo fenomeno chiamato acidificazione degli oceani porterebbe conseguenze drammatiche per tutto l’ecosistema marino.
“Ricordiamoci che se non fosse stato per gli oceani, dall'inizio dell'era industriale ad oggi la temperatura dell’atmosfera sarebbe di 36°C più alta – continua sempre lo stesso Stefano Pedone – 
Più CO2 in atmosfera significa anche più CO2 in mare dove rilascia ioni di idrogeno diminuendo il pH e causando un grave disequilibrio chimico: gli ioni idrogeno richiamano, infatti, gli ioni carbonato che sono fondamentali sia per i crostacei per costruirsi il carapace, sia per tutti gli organismi costruttori di conchiglie e sia per le sclerattinie, ovvero i coralli dallo scheletro calcareo”.
Una maggiore difficoltà a trovare gli ioni di carbonato dall’acqua marina vuol dire essere più vulnerabili ai predatori marini o ai fenomeni meteorologici violenti: con carapaci più deboli e conchiglie più sottili, considerando un panorama temporale di medio-lungo termine, alcune specie rischiano l’estinzione avendo minori possibilità di sopravvivenza. Una situazione difficile che non riguarda solo conchiglie e coralli ma tutto l’ecosistema marino: con un pH a 7.9 la sopravvivenza del plankton sarebbe messa a rischio innescando una reazione a catena visto che verrebbe a mancare una delle principali fonti di nutrizione per le balene e i salmoni.


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Categorie: Ambiente

Tag: Ambiente

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