Scegliendo modelli alimentari più sostenibili, le emissioni di gas serra e l’uso del suolo si potrebbero ridurre fino al 70%, mentre si dimezzerebbe il consumo di acqua. Entro il 2050, con diete più concentrate sui prodotti locali e di stagione e soprattutto con un minor consumo di alimenti di origine animale, potremmo liberare diversi milioni di chilometri quadrati di terra e ridurre le emissioni globali di CO2 fino a 8 miliardi di tonnellate all'anno.
Lo evidenzia il WWF che ha pubblicato il manifesto della sua campagna Food4Future, dove sono indicate tutte le sfide che dobbiamo affrontare con urgenza e che richiedono l’attivazione di noi cittadini, delle aziende e delle istituzioni, scegliendo ognuno di fare da subito la propria parte.
La scienza del comportamento ha dimostrato che il cambiamento graduale e incrementale per raggiungere gli obiettivi funzioni veramente.
Si dice che gli individui prendano 35.000 decisioni al giorno, di cui 226 solo sul cibo. Con questo in mente, essere in grado di apportare consapevolmente piccoli cambiamenti nelle decisioni ogni giorno - anche cambiandone solo una su 226 - è già un buon inizio per impostare abitudini alimentari gratificanti per sé e buone per il futuro di tutti. Un esempio?
Un pasto sostenibile richiede all’incirca 1.000 litri di acqua rispetto ai circa 3.000 di un solo pasto meno sostenibile, molto ricco di proteine animali e cibi non di stagione. Avvicinandoci a periodi di maggior rischio di siccità sarebbe importante considerarlo ogni volta che scegliamo cosa mettere nel carrello.
Una buona notizia è che proprio gli cibi meno vantaggiosi per l’ambiente sono anche i meno salutari, che dovremmo consumare con maggiore parsimonia.
Per i più scettici, un esempio clamoroso del ruolo dei consumatori è avvenuto pochi anni fa: l’olio di palma, ingrediente diffusissimo di biscotti e altri prodotti da forno, salito nel 2016 sul banco degli imputati la presenza di contaminanti di processo cancerogeni. L’allarme sui rischi per la salute ha fatto scattare la paura nei consumatori, che hanno iniziato a leggere gli ingredienti dei prodotti e, con le loro scelte di consumo, hanno imposto alle grandi aziende un cambiamento di rotta epocale.
L’olio di palma è sparito dagli scaffali in meno di un anno. Questo episodio rende chiaro il potere che le persone, i consumatori, hanno di orientare la politica (alimentare, ambientale, sociale) con le loro scelte.
“I sistemi alimentari hanno il potenziale per nutrire la popolazione umana e proteggere l'ambiente, ma attualmente stanno minacciando entrambi per via di come produciamo e consumiamo il cibo. Non possiamo arrestare la perdita di biodiversità e di ecosistemi, nonché la catastrofe climatica che incombe se, assieme alle misure in altri settori, non ripensiamo completamente anche l’attuale sistema alimentare, a partire da quello che portiamo a tavola ogni giorno. È fondamentale una drastica riduzione del consumo di carne e un sostanziale incremento nei consumi di alimenti vegetali come frutta, verdura, cereali e legumi-
spiega Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia-
I comportamenti personali degli individui hanno un enorme potere di mitigare i danni ambientali e promuovere processi più sostenibili che proteggano ambiente e salute”.
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