La smart mobility richiede infrastrutture

Tutti parlano di veicoli autonomi ma questi non bastano: serve anche una infrastruttura digitale pensata per gestire tutti gli aspetti della mobilità in tempo reale. Ne abbiamo parlato con T.net.

Autore: Redazione Greencity

I veicoli autonomi sono di certo la parte più "appariscente" della mobilità del futuro, ma da soli non bastano a garantire una vera smart mobility. Devono essere letteralmente circondati da una infrastruttura tecnologica - segnaletica stradale verticale ed orizzontale ad hoc, infrastrutture di comunicazione mobile e standard per il dialogo tra veicoli, solo per indicarne alcune componenti - che guardi in modo trasversale al traffico dei veicoli.

Tra le aziende che stanno lavorando in questo settore c'è anche l'italiana T.net e, per capire come sta evolvendo il settore, abbiamo posto qualche domanda al CEO Francesco Mazzola.

Quali sono le componenti fondamentali di un sistema intelligente ed integrato per i trasporti, ad esempio in una smart city?
Oggi come non mai è importante focalizzare l’attenzione sulla costruzione e sulla cura delle infrastrutture che permettono la mobilità, sia essa “smart” o meno. La vision di T.net sul sistema intelligente e integrato per i trasporti prevede componenti come l’infrastruttura trasmissiva multi-layer, la sensoristica, un sistema software analytics/Big Data che includa modelli matematici, algoritmi predittivi e un layer infobroker per la comunicazione efficace tra i diversi domini eterogenei. E infine apparati intelligenti su autoveicoli e sul percorso stradale: OBU, RSU e TMC.

(La OBU è la On Board Unit, ossia la console di bordo per le comunicazioni tra veicoli. Le RSU sono le Road Side Unit, nodi di comunicazione con il sistema infrastrutturale di gestione che sono distribuiti lungo le direttrici stradali, poste ad esempio su pali dell'illuminazione. Il TMC è il Transportation Management Center, il centro nevralgico di gestione dell'infrastruttura e dei dati relativi al traffico - ndr)
Di tali componenti, quali saranno più facili da implementare e quali invece presentano i maggiori ostacoli?
Gli elementi più semplici da implementare sono gli apparati intelligenti per autoveicoli e su percorso stradale. Un discorso diverso riguarda la rete multi-layer intelligente che per essere implementata in modo efficace deve presentare adeguate caratteristiche in termini di performance, robustezza, scalabilità e affidabilità.

Dove vedremo concretizzarsi prima l'obiettivo a tendere della guida autonoma?
I primi risultati sulle sperimentazioni fanno intendere che l’ambito a più immediato utilizzo sia l’autostrada con corsie dedicate ai sistemi autonomi, poiché presenta un livello di complessità inferiore rispetto all’ambito urbano. Anche le aree private ove sia possibile attuare politiche di ingresso limitatamente ai soli veicoli a guida autonoma potrebbero essere potenziali luoghi iniziali di concretizzazione. Per quanto riguarda l’ambito urbano riteniamo che luoghi critici quali incroci stradali e/o punti nevralgici per i conducenti potrebbero essere tra i primi obiettivi su cui focalizzare l’attenzione.

I sistemi intelligenti di trasporto saranno spinti maggiormente dalle PA o dai privati? Esistono già casi d'uso significativi?
Probabilmente sarà una spinta congiunta che vedrà in prima fila le PA - anche locali - che vorranno offrire servizi di mobilità intelligente ai cittadini. Ma una spinta è già evidente da parte dei privati che cercano di monetizzare servizi a valore aggiunto, che saranno resi disponibili successivamente tramite l’infrastruttura di comunicazione, necessaria per abilitare i sistemi di trasporto intelligenti. Casi d’uso completi e significativi di sistemi di mobilità intelligente ad oggi non sono stati ancora realizzati. Esistono, però, città “virtuose” come Singapore, dove la direzione intrapresa è quella giusta, nonostante non sia stata ancora implementata una soluzione completa.

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