Referendum trivelle: basta con lipocrisia sul lavoro di chi è a favore delle fossili

Il Coordinamento Nazionale No Triv: "Il Referendum ha il merito di dissolvere l’ipocrisia che è stata eretta per nascondere l'incapacità di questo, come dei precedenti Governi, di elaborare una seria politica energetica e industriale per il futuro del Paese".

Autore: Redazione GreenCity

«La norma introdotta con la Legge di Stabilità 2016 non mira a tutelare il lavoro e i lavoratori, ma gli interessi delle società dell'Oil&Gas e dei loro azionisti».
Ribatte così, il Coordinamento Nazionale No Triv alle polemiche portate avanti dal fronte del No e dal Governo che invita i cittadini all’astensionismo.«I detrattori del Referendum del 17 aprile sostengono che le nuove norme sulla durata delle concessioni in mare entro le 12 miglia, permetterebbero di salvaguardare migliaia di posti di lavoro: la forbice oscilla tra i 5.000 e i 13.000 addetti diretti e indiretti su progetti upstream italiani. Ma la verità è ben diversa», continuano i No Triv.
Un dato di fatto, secondo i promotori del Coordinamento, è che il Governo ha concesso alle compagnie petrolifere la possibilità di regolare l’erogazione dei pozzi a seconda dell’andamento del mercato, senza curarsi della scadenza delle concessioni.
«Una flessibilità – spiegano i No Triv – inesistente fino a tre mesi fa e che adesso permette di rallentare o fermare la produzione quando il mercato è sfavorevole e riavviarla quando migliorano i prezzi».
Per questo motivo, l’obiezione di una norma voluta per difendere o addirittura rilanciare l’occupazione non regge. «Si tratta di un inganno mediatico, perché se la principale preoccupazione fosse la tutela dei lavoratori, non verrebbe difesa una norma che consente di impiegare a seconda dell’andamento del mercato più o meno operai».
Appare chiaro, secondo il Coordinamento, che "alle società dell'Oil & Gas interessano gli utili e la redditività degli investimenti. Il Referendum ha il merito di dissolvere l’ipocrisia che è stata eretta per nascondere l'incapacità di questo, come dei precedenti Governi, di elaborare una seria politica energetica e industriale per il futuro del Paese, soprattutto nell'interesse dei lavoratori. Tante domande rimangono ad oggi senza risposta".

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