Il caso Arctic30 arriva alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

Gli attivisti di Greenpeace hanno chiesto un risarcimento alla Federazione Russa per ingiusta detenzione.

Autore: Redazione GreenCity

Gli Arctic30 – i 28 attivisti di Greenpeace e i due giornalisti freelance ingiustamente detenuti per due mesi in Russia lo scorso anno – si sono rivolti questa mattina alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo chiedendo un risarcimento alla Federazione Russa, oltre che una dichiarazione che affermi che il loro arresto e la loro detenzione sono stati illegittimi.
I 30, tra cui l’italiano Cristian D’Alessandro, erano stati fermati in acque internazionali, in palese violazione del diritto internazionale del mare e delle stesse leggi russe, durante una protesta pacifica in difesa dell’Artico.
L’avvocato Sergey Golubok, che ha presentato il ricorso per gli Arctic30, ha dichiarato: “La reazione delle autorità russe fu completamente sproporzionata rispetto alla protesta pacifica in corso, dato che gli attivisti stavano cercando di denunciare in modo non violento i rischi delle trivellazioni in Artico”.
Il ricorso chiede alla Corte Europea di emettere una "sentenza dichiarativa" sulla violazione di due diritti fondamentali da parte della Federazione Russa, ovvero il diritto alla libertà (Articolo 5) e il diritto di espressione (Articolo 10).
"Potrebbe volerci all’incirca un anno prima che la Corte Europea dei diritti dell’uomo comunichi l’apertura del caso alla Russia. Ad ogni modo, noi chiediamo alla Corte di occuparsi al più presto di questo caso" afferma Greenpeace in una nota.


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