La strada verso una mobilità sostenibile

Cresce la domanda di mobilità, ma crescono anche i problemi ambientali che causa. Serve una visione univoca e onnicomprensiva della situazione. Industria automobilistica, urbanisti, pianificatori, produttori di tecnologia per il controllo del traffico: tutti devono lavorare insieme con lo stesso obiettivo.

Autore: Franco Cavalleri

Ogni anno sulle strade italiane circolano quasi 900.000 milioni (!) di passeggeri per chilometro. A questi vanno aggiunte quasi 150.000 milioni di tonnellate di merci, sempre per ogni chilometro di strada. Numeri impressionati – quasi un milione di milioni di passeggeri, provate a scriverla! - che testimoniano l'altissima domanda di mobilità da parte di comuni cittadini e aziende, e che va necessariamente gestita e controllata. Non è sufficiente cercare di limitare la necessità di spostarsi, per esempio mettendo online molte delle pratiche più comune della Pubblica amministrazione, così da permetterne lo svolgimento via internet. L'italiano ama comunque spostarsi, e quando lo fa, è per lo più con i mezzi privati. Quelli pubblici, infatti, sono talmente inefficienti da riuscire a coprire una minima parte della domanda di mobilità: meno del 10% di quella passeggeri, un terzo circa di quella merci oltre i 50 km.
Questa domanda di mobilità di persone e merci è aumentata notevolmente negli ultimi decenni, e le previsioni dicono che il trend al rialzo continuerà anche nei prossimi anni. Non possiamo più aspettare, le conseguenze negative - per l'ambiente, la qualità della vita, la sicurezza del trasporto e per l'intera economia italiana – di decenni di quasi completa mancanza di iniziative e progetti sono sotto gli occhi di tutti.
Cosa significa tutto questo, in termi i di inquinamento, qualità dell'ambiente, qualità della vita nelle nostre città e aree urbane? Gli effetti negativi prendono due diverse manifestazioni: inquinamento dell'aria ed inquinamento acustico. Il primo è un problema noto e che viene affrontato – con più o meno successo – da diversi decenni. Il secondo si è affacciato sulla scena solo alla fine del secolo scorso.
Per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria, a livello internazionale è stato convenuto di prendere i dati sulle emissioni di biossido di carbonio come indice della sostenibilità ambientale di una società.
Le quantità di CO2 messe in gioco dai trasporti sono importanti. Una vettura emette circa 2,5 Kg di CO2 per litro di combustibile (2,38 se a benzina, 2,65 per il diesel). Ogni volta che facciamo un pieno di 30 litri, di fatto prenotiamo una emissione di CO2 di circa 75 kg!
In termini globali, per avere un'idea di cosa c'è in gioco basti pensare che qualcuno si è preso la briga di calcolare che i 64,1 milioni di tonnellate di CO2 emessi in un anno dalle autovetture circolanti in Italia (pari al 10-12% del totale di CO2 emessa nell'atmosfera) equivalgono al contenuto in CO2 di una massa di carbone che occuperebbe un treno lungo 4500 km, abbastanza per coprire la distanza tra Torino ed i monti Urali; oppure ancora che l'estensione a foresta necessaria per neutralizzare la CO2 emessa in un anno dalle autovetture circolanti in Italia dovrebbe essere pari a circa 67.000 Kmq come dire Piemonte, Lombardia e Veneto insieme).
Inizialmente trascurato, perché ritenuto – erroneamente – un disturbo locale e non ambientale - nell'ultimo decennio il problema della quantità di rumore è entrato di prepotenza nelle politiche di risanamento delle nostre città e aree urbane. Si stima che l'inquinamento acustico incida pesantemente sulla salute e sulla qualità della vita del 25% della popolazione dell'Unione Europea, ovvero circa 100 milioni di persone!
Le ricerche indicano che il traffico comporti l'emissione di rumore per circa 80 decibel, una quantità in grado di scatenare patologie quali lo stress, l'affaticamento e perfino disturbi all'apparato circolatorio. Ancora superiore l'inquinamento acustico da traffico di mezzi pesanti: 90 decibel. A questo livello si hanno disturbi all'apparato respiratorio e digerente. I numeri qui ricordati indicano con estrema chiarezza quanto sia importante e urgente affrontare, con decisione, le sfide e i problemi posti dall'aumento continuo della domanda di mobilità, e che serve una visione globale, a 360°, della situazione e degli strumenti a disposizione. Bisogna agire sulle infrastrutture – allargando le strade esistenti, o realizzandone di nuove, secondo le diverse situazioni – e sulla tipologia dei veicoli in circolazione – facilitando la diffusione di automezzi a gpl, ibridi (benzina + batterie) o meglio ancora elettrici al 100 per cento -, lavorare sulla domanda trasferendola su linee di trasporto pubbliche moderne nella tecnologia e nella concezione – la TAV va bene, ma non dimentichiamo i pendolari e la mobilità interna alle aree metropolitane in genere -, ma questo non basta. Bisogna andare oltre, collegando tutti questi sistemi in un unicum in grado di raccogliere informazioni da tutte le parti coinvolte nel sistema della mobilità e analizzarle per consentire una gestione il più possibile automatica e sinergica dell'intero mondo dei trasporti.
Coinvolti non sono solo i produttori automobilistici, ma anche chi produce e distribuisce l'energia, chi gestisce le reti elettriche, urbanisti e pianificatori delle nostre città e aree urbane, amministratori pubblici, produttori di software per il controllo dei diversi sistemi: decine, forse centinaia di attori diversi.
Questo speciale vuole dare una panoramica di alcune della diverse proposte, realizzate o allo studio, e iniziative che si prefiggono il comune obiettivo di inserire intelligenza nel modo in cui noi e le nostre merci ci muoviamo, per alzare il livello della qualità della nostra vita. Nel nome di un ambiente migliore, di una qualità della vita più elevata, di maggiore sicurezza nel trasporto e di una spinta all'innovazione dell'intero processo produttivo italiano. Si parlerà di infrastrutture, di auto elettriche,di energia, di tutto quanto consente a noi e alle merci che produciamo di 'girare'.


[tit: L'auto elettrica]L'auto elettrica è vista come la soluzione ideale per tutti i problemi di inquinamento e per raggiungere il traguardo di una mobilità sostenibile. Azzererebbe, o quasi, l'inquinamento acustico, per esempio. Il quasi dipende dal fatto che un minimo di rumore ci sarebbe in ogni caso, ma sarebbe causato dall'attrito dei pneumatici sull'asfalto: per eliminare anche questo basterebbe stendere asfalti fonici, in grado di assorbire il rumore. Si tratterebbe, in ogni caso, di rumore residuale, ben lontanto dagli 80-90 decibel del traffico odierno.
Fino al 2008, l'auto elettrica di fatto non esisteva: i dati ACI indicano in 1.232 le immatricolazioni di autoveicoli a trazione elettrica in quell'anno, equivalente allo 0,003% del totale. Una percentuale che richiama la mente la pubblicità di una nota casa di acque minerali: "C'è nessuno?".
Tutti gli esperti dicono che l'auto elettrica è facile da costruire, che "chiunque potrebbe realizzarne una in garage", come ha affermato Giuliano Zuccoli, presidente di A2a in un recente appuntamento sul tema. Forse lo spazio di un garage potrebbe anche essere sufficiente per organizzare il tutto, ma alzi la mano chi ha mai visto il proprio vicino indaffarato nel trasformare un'automobile a benzina o gasolio, fosse anche una vecchia Punto o una Panda, in automobile elettrica. Evidentemente, non dev'essere così semplice come qualcuno vuole far credere.
I punti di dolenza dell'auto elettrica sono principalmente due, le batterie ed i costi. I progressi della tecnologia, in materia di durata, hanno portato a raggiungere il traguardo dei duecento chilometri (circa) di percorrenza. Un ottimo risultato, visto che pochissimi anni fa si parlava di qualche decina di chilometri. Di fatto, però, limita l'utilizzo di questi veicoli ai viaggi brevi all'interno di un'area urbana o metropolitana. Occorre ricaricare le batterie ogni giorno, in pratica. Di andare in ferie con l'auto elettrica, oggi (e per diversi anni ancora) non se ne parla.
E con il rifornimento come la mettiamo? Oggi, si arriva alla colonnina del distributore, si apre uno sportellino, si infila la pistola della pompa e si schiaccia. Pochi secondi, si riaggancia la pistola alla colonnnina, si chiude lo sportello, si va alla cassa e via, si parte. Tempo totale? Quando va male, perché c'è coda alla cassa, si parla di cinque minuti. Ricaricare la batteria di un'auto elettrica è tutt'altra cosa: servono ore, non minuti. L'operazione più veloce sarebbe la sostituzione completa di una batteria: mi fermo al distributore, apro l'alloggiamento delle batterie, estraggo quella esaurita e inserisco quella nuova, e riaccendo il tutto. Veloce, ma ancora non quanto un rifornimento di benzina o gasolio. E soprattutto, faticoso. Le batterie al litio pesano diversi chili, non è necessario essere dei palestrati, ma non è proprio un'operazione adatta a tutti. La procedura migliore sarebbe affidare la macchina ad un addetto che eseguirebbe l'operazione. Ma questo richiede tempo, e aumenterebbe i costi. Si torna all'interrogativo base, come portare i tempi di sostituzione delle batterie il più vicino possibile a quelli a cui siamo abituati oggi con benzina e gasolio. Per quanto riguarda i prezzi, siamo ancora lontani dall'essere concorrenziali con le automobili tradizionali: tra batterie al litio da 6-7mila euro e componenti da ottimizzare, si arriva facilmente a 15-20mila euro per l'acquisto di una city car! Fuori mercato, decisamente.
Servono gli incentivi, dicono tutti gli esperti del settore, da Eugenio Ranzelli, di Anfia, l'associazione che riunisce le aziende automobilistiche italiane, ad Andrea Baracco, di Renault. La casa fancese - che, tra l'altro, ha recentemente sponsorizzato Mobilitytech, l'appuntamento forse più importante in questo campo, a Milano - con 4 miliardi di euro di investimenti "si conferma il costruttore automobilistico che, primo tra i grandi produttori, ha avviato un programma industriale orientato allo sviluppo e alla commercializzazione di massa dell'auto elettrica".
Gli incentivi rappresentano un problema: molti li vedono come una droga che viene immessa nel sistema, causa dipendenza e impedisce ad un settore industriale di svilupparsi in modo corretto. Pesano sul bilancio di uno Stato, e se – come in questi anni – sopraggiungono problemi economici, cancellarli significa rischiare di 'uccidere' il settore incentivato. Come è successo in Spagna con l'energia fotovoltaica: appena tolti gli incentivi, il mercato è sceso di circa un terzo. Il mercato automobilistico nazionale è già fortemente dipendente dagli incentivi alla rottamazione – quando scadono, le vendite subiscono un tracollo -, non possiamo permetterci di aggiungere ulteriori fattori di disturbo e distorsione al funzionamento del mercato, anche se l'obiettivo è buono. Nel lungo termine pagheremmo un prezzo molto più elevato!
Nel complesso, nonostante tutti gli sforzi, il mercato dell'auto elettrica è ancora ben lontanto dal rappresentare quella risposta al problema della mobilità urbana che vuole essere.

[tit: Energia: regole e tariffe]"Lo sviluppo della mobilità elettrica è una delle sfide più rilevanti sotto il profilo dello sviluppo sostenibile e tecnologico, anche in relazione agli obiettivi sfidanti per una sempre più avanzata efficienza energetica e tutela ambientale". Parole del Presidente dell'Autorità per l'energia, Alessandro Ortis.
La diffusione dell'auto elettrica passa obbligatoriamente attraverso il costo dell'energia elettrica. Chiaro che, se vogliamo che il consumatore finale – ovvero l'azienda piuttosto che il cittadino – passi a questo tipo di autoveicolo, dobbiamo assicurargli la possibilità di rifornire le batterie della sua auto a costi contenuti. Se oggi un pieno (cinquanta litri) di benzina verde costa tra i 65 e gli 80 euro,   dobbiamo garantire un prezzo simile, se non inferiore, alla stessa quantità equivalente di energia elettrica.
"Le Autorità di regolazione possono svolgere un  ruolo rilevante affinché sia possibile cogliere sollecitamente le opportunità via via emergenti a favore di tutti i cittadini", dice sempre Alessandro Ortis.
Parole, ma i fatti quali sono? "L'Autorità per l'Energia sta eliminando tutta una serie di limiti normativi che non permettevano, per esempio, di ricaricare le batterie direttamente presso le abitazioni, i parcheggi condominiali o aziendali, fattore condizionante per lo sviluppo della mobilità elettrica".
Secondo la vecchia normativa, ricaricare le batterie delle automobili elettriche a casa, nel garage o nel parcheggio condominiale non era possibile, per il semplice fatto che non era consentito avere, nella stessa unità immobiliare, un secondo contatore. Adesso, un provvedimento dell'Autorità per l'energia ha eliminato questo limite. Una facoltà che si estende ai parcheggi aziendali.
A questi contatori per la ricarica di autovicoli elettrici verrà applicata la stessa tariffa di trasporto prevista per gli 'altri usi', questo indipendentemente che si tratti di cliente domestico o azienda. Per l'energia, il prezzo potrà variare a seconda dell'offerta che verrà selezionata fra quelle dei diversi venditori del libero mercato e potrà anche essere diversa da quella scelta per la fornitura domestica.




[tit: I Sistemi Intelligenti di Trasporto]I Sistemi Intelligenti di Trasporto (ITS – Intelligent Transport Systems) svolgono un ruolo determinante in un approccio strategico al problema della mobilità. Sfruttando le tecnologie dell'Informatica e della Comunicazione, consentono di trasformare i trasporti in un "sistema integrato", nel quale i flussi di traffico sono distribuiti in modo equilibrato tra le varie modalità, per una maggiore efficienza, produttività e, soprattutto, sicurezza del trasporto. Rappresentano, di fatto, il 'ponte' tra le diverse componenti del mondo dei trasporti.
Le soluzioni e servizi ITS finora realizzati, sia a livello urbano che extraurbano, hanno permesso di valutare in modo tangibile i benefici apportati da tali sistemi. Esempi di applicazione di questi sistemi se ne possono trovare diversi in tutta l'Unione Europea. Quello più famoso è, probabilmente, il caso di Stoccolma, dove un sistema elettronico e automatico di controllo degli accessi, a tariffazione variabile, al centro della città ha consentito di trasferire circa un quarto del traffico dal trasporto privato a quello pubblico, aumentato i tempi di percorrenza (e quindi il livello di efficienza generale) dei mezzi urbani, e un miglioramento della qualità dell'aria (grazie alla diminuzione delle emissioni da autoveicoli). Allargando lo sguardo all'intera UE, i dati della Commissione Europea rivelano come l'applicazione di ITS ha permesso, nei diversi paesi dove sono stati implementati progetti del genere, una riduzione dei tempi di spostamentonell'ordine del 20%, ha aumentato la capacità della rete del 5-10%, e migliorato la sicurezza del 10-15%.
Questi risultati positivi provano i vantaggi che gli ITS possono apportare, in una logica di sviluppo sostenibile, all'ambiente e al miglioramento dell'efficienza, alla sicurezza dei cittadini ed alla competitività, e confermano come gli ITS costituiscano ormai uno strumento indispensabile per l'attuazione delle politiche di mobilità.
Le applicazioni ITS possono contribuire a supportare l'introduzione di diverse strategie nel capo della mobilità sostenibile. Abbiamo già capito che possono essere d'aiuto nel promuovere l'utilizzo della rete stradale in modo CO2-efficiente, attraverso l'utilizzo di differenti tipologie di sistemi di controllo e gestione dei flussi di traffico. In questo campo, le applicazioni più sofisticate mirano non solo alla riduzione delle congestioni, ma sono progettate per consentire la velocità ottimale da mantenere per massimizzare l'energia consumata, ridurre gli "stop&go" e così via. Tali strategie includono la gestione di corsie dedicate a veicoli di tipo specifico (mezzi pesanti, mezzi pubblici, e altri ancora) e calcolo dei percorsi in tempo reale per favorire flussi di traffico più efficienti dal punto di vista energetico. Altre applicazioni riguardano il comportamento dei conducenti, una categoria di strategie che comprende iniziative come campagne di "eco-driving" che puntano ai singoli conducenti, promuovendo stili di guida che riducano l'emissione di CO2, ma anche la modifica della domanda generale di trasporto. In quest'ultimo caso, si possono adottare strategie mirate a favorire i viaggiatori che utilizzino veicoli o modalità di trasporto a basso impatto ambientale, riducendo la domanda di mobilità e la distanza totale dei viaggi.
Il monitoraggio e la manutenzione delle infrastrutture e i relativi impianti rappresentano un ulteriore campo in cui gli ITS possono essere utili. Si compone di due parti distinte: inuna sono compresi i sistemi per il monitoraggio e la manutenzione, che coprono anche lo stato delle infrastrutture; nell''altra le tecnologie per la riduzione dei consumi negli impianti (che comunque incidono sui consumi totali).
[tit:Semafori intelligenti]Fermi davanti ad un semaforo rosso, mentre il traffico sulle altre direttrici che convergono sull'incrocio è zero. Nessuna macchina passa, nessun veicolo sopraggiunge. Quante volte è successo ad ognuno di noi? Ed ogni volta ci siamo sorpresi che, in un mondo così tecnologico che già quarantuno anni fa è riuscito a mandare degli uomini sulla Luna, non ci fossero sistemi per rendere 'intelligenti' i semafori, in grado di 'leggere' il traffico e applicare semplici formule di gestione e controllo per renderlo il più fluido possibile.
In realtà, la questione è ben più complicata di quello che può sembrare a prima vista. Le luci dei semafori devono essere controllate da un piccolo computer, dotato di sensori per raccogliere i dati del traffico e di software per l'analisi di questi dati e per la costruzione di scenari nel brevissimo termine. Il tutto deve quindi avvenire in tempo reale, con uno scarto di pochissimi secondi. Inoltre, per un'accuratezza ed una gestione ottimale del sistema l'areale di riferimento coperto dai sensori deve essere ampio diverse centinaia di metri: duecento, anche trecento metri. Se poi ci troviamo nella necessità di controllare un'area dove incroci e semafori si susseguono a ripetizione e dobbiamo ottenere la massima fluidità di traffico possibile – e quindi 'sincronizzare' tutti i semafori – allora la faccenda si complica ulteriormente.
"Sistemi di questo tipo esistono da diversi anni – ci dice Ruggero Rosati, ingegnere della Nabla Quadro, società romana attiva in questo settore – ma avevano il problema di avvalersi di spirali come sensori dell'andamento del traffico". In pratica, nell'asfalto in prossimità di un incrocio con semafori venivano inserite una serie di sottili fili di metallo (chiamate spirali) che raccoglievano i dati relativi al passaggio dei veicoli e li trasmettevano ad una centralina. Inconvenienti: una manutenzione estremamente difficile e costosa, ogni volta che si stendeva un nuovo asfalto, o che si provvedeva a 'bucare' la strada per effettuare lavori su tubature sotterranee, di qualunque tipo, gas, acqua, luce o altro, l'intero sistema andava rifatto per l'intera lunghezza della spirale. Nabla Quadro ha quindi messo a punto un sistema molto più semplice, lo Sky Light System, e dai costi molto inferiori: un sistema composto da un cilindro in plastica, che ospita un chip, da inserire nell'asfalto con un semplice carotaggio, un sensore che riceve i dati e li spedisce ad una stazione ricevente per 'analisi.
"Funziona a fasci di luce, e questo lo rende molto più efficiente dei sistemi magnetici", spiega sempre l'ingegner Rosati. Un altro degli inconvenienti delle spirali, infatti, è che i segnali magnetici su cui si basano non riescono a riconoscere i diversi veicoli, quando il passaggio è a brevissima distanza. "In pratica, in condizioni di traffico molto forte, è possibile che il sensore magnetico 'legga' il passaggio di quattro automobili come se si trattasse del passaggio di un bilico da sedici metri". Con le conseguenze, sull'accuratezza dei comandi inviati ai semafori, che possiamo facilmente immaginare. "Con un sistema basato su riconoscimento ottico, come il nostro, questi inconvenienti non possono succedere".
Con una ventina di cilindri, è possibile monitorare un incrocio di grandi dimensioni, quattro strade ognuna con due o anche tre corsie, arrivando a coprire fino a duecento e anche più metri per ciascuna strada. Lo Sky Light Sensor raccoglie i dati e li invia alla centralina, dove un software (Sky Light Monitoring System) analizza i dati, produce scenari di previsione e invia le relative istruzioni ai semafori. "Nessuna manutenzione, massima semplicità di installazione", afferma orgoglioso il manager romano.


Visualizza la versione completa sul sito

Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, acconsenti all’uso dei cookie.