Report Clean Cities: in Italia il trasporto pubblico locale funziona peggio che nel resto d’Europa

In Italia il trasporto pubblico ha la metà dell’offerta, è usato fino a 6 volte meno e negli ultimi 5 anni ha perso 4 miliardi di fondi.

Autore: Redazione Greencity

Poco capillare, sottofinanziato e disomogeneo: inItalia il trasporto pubblico locale funziona peggio che nel resto d’Europa. E guardando ai finanziamenti,il TPL italiano ha perso negli ultimi 5 anni 4 miliardi di euro. Ecco cosa emerge dal rapporto“Mind the Gap”realizzato daClean Cities, la coalizione europea di oltre 130 ONG che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030.   Il rapporto tral'offerta di trasporto pubblico(espressa in posti-km pro capite) nella top 3 europea - Praga, Madrid, Varsavia - e le città del centro-sud italiano è di1 a 8. Rapporto analogo anche per i livelli di utilizzo:per ogni utente del TPL a Napoli, Palermo, Bari o Catania, ce ne sono 8 a Varsavia, Parigi e Praga. Le grandi città del nostro Paese, inoltre, hanno lametà dell’offertadelle principali città europee se consideriamo il rapporto fra posti a sedere e km pro capite coperti eun quinto dei chilometri di infrastrutture di trasporto rapido di massa(che comprende metro, tram e filobus). Guardando aipasseggeri pro capite, ovvero quanti viaggi gli abitanti di ciascuna città compiono usando il trasporto pubblico locale, dal rapporto emerge che il risultato di queste tendenze è un livello di utilizzo del TPL molto più basso in Italia rispetto al resto d ’Europa, fino a 6 volte di meno. Ilvalore mediano per le città europee, infatti, considerate nello studio è di410 passeggeri pro capitenelle cittàitaliane del centro-nord sono meno di 300, ea malapena 70 in quelle del centro-sud. Una condizione che non può non incidere sul grado di soddisfazione che gli italiani dichiarano di avere nei confronti dei sistemi di trasporto pubblico locale. Se, infatti, le principali città europee hanno gradi di soddisfazione che vanno dal 90% di  Vienna e di Praga all’80% di Berlino, Varsavia ed Amsterdam al 72% per città come Barcellona e Bruxelles, il confronto con le città italiane è impietoso. Appena1 palermitano su 5emeno di 1 napoletano o 1 romano su 3 si considera più o meno soddisfatto. Frequenza, affidabilità e sicurezza sono i problemi che emergono soprattutto al Sud. Ma da cosa dipende la situazione del TPL italiano? Dal report di Clean Cities emerge che negli ultimi 10 anni l’andamento nominale del finanziamento delFondo Nazionale Trasporti, la principale fonte di entrate per le aziende di trasporto pubblico, ha subito delle oscillazioni tra i 4,8 e i 5,3 miliardi di euro: nel 2014 erano stati stanziati 4,918,620,000 di euro, che nel 2025 sono diventati 5,345,754,000. A oggi, le previsioni per il prossimo biennio - in considerazione di quanto previsto dalla legge di bilancio 2025 - sono pari a 5,301,754,000 € per ciascuno degli anni 2026, 2027. Ma questi sono i valori nominali, ovvero considerando i  prezzi correnti che non tengono conto della svalutazione dell’inflazione. Nello stesso periodo, infatti,l’inflazione del settore trasporti è stata complessivamente del 25%.Vale a dire che un euro del Fondo Nazionale Trasporti nel 2014 valeva 1,25 euro di oggi.  Questo processo di erosione ad opera dell’inflazione ha generatonegli ultimi 5 anni un ammanco complessivo di 4 miliardi di euro. Una cifra tutt’altro che trascurabile se si considera che ilFondo Nazionale Trasporti,  copre una percentuale dei costi del TPL che nelle città più grandi oscilla intorno al 25-30%, ma che può superare anche di molto il 50% nei centri più piccoli, soprattutto al Sud.  Secondo l'analisi di Clean Cities uno dei principali effetti dell’erosione del Fondo Nazionale Trasporti è la disomogeneità del servizio sul territorio italiano. Le città italiane con maggiori risorse e dove si sono concentrati maggiormente gli investimenti infrastrutturali, infatti, sono quelle che scontano un gap significativo ma non incolmabile con le altre città europee. Quelle che non hanno voluto o potuto sopperire alla mancanza di risorse per il TPL tramite mezzi propri o attirando investimenti nazionali ed europei significativi scontano un ritardo gravissimo che mette in discussione la coesione nazionale stessa. Proprio nelle regioni a più basso reddito, abbiamo i livelli più bassi di offerta e quindi utilizzo del TPL, e conseguentemente i tassi di motorizzazione più elevati rispetto al resto d’Italia producendo una dipendenza dall'auto privata che pesa sui bilanci delle famiglie, riduce l'accesso ai servizi e peggiora la qualità dell'ambiente urbano, a partire dall'aria. Un fenomeno che gli economisti dei trasporti chiamanoforced car ownership. Secondo i dati dell’Osservatorio Stili di Mobilità IPSOS analizzati nel report, infatti, negli ultimi annitre italiani su dieci hanno dovuto rinunciare ad almeno una di queste attività per difficoltà negli spostamenti: lavoro (28%), studio (17%), visite mediche (19%) o relazioni sociali (25%). Le situazioni più critiche si registrano a Napoli (34%) e Roma (33%), mentre in città come Milano e Bologna la quota di popolazione “a mobilità precaria” scende al 20-21%.“Risulta quindi chiaro come un trasporto pubblico più efficace avrebbe il potenziale di aumentare la coesione, ridurre i livelli di esclusione sociale e accrescere le opportunità economiche e lavorative nonché l’accesso a servizi fondamentali quali salute e studio”diceClaudio Magliulo, Head of Italy Campaign di Clean Cities. Aumentare di 1,2 miliardi di euro le risorse del Fondo in Legge di bilancio.“Investire nel trasporto pubblico locale non significa soltanto potenziare un servizio di mobilità per i cittadini  -spiegaClaudio Magliulo, Head of Italy Campaign di Clean Cities-ma anche sostenere il tessuto produttivo e contribuire alla competitività complessiva del Paese, garantendo a milioni di cittadini la possibilità di spostarsi in modo sicuro e accessibile, riducendo le disuguaglianze e assicurando pari opportunità di accesso a scuola, lavoro e servizi essenziali”. Secondo Clean Cities, quindi, sarebbe necessarioaumentare le risorse per il Fondo Nazionale Trasportifino a raggiungere un livello di trasferimento verso le regioni almeno pari ai livelli del 2009. Ad oggi, questo comporterebbe un incremento di circatre miliardi di euro all’anno, L’obiettivo minimo, da raggiungere già nella legge di bilancio 2026, dovrebbe essere quello di riportare la dotazione del Fondo Nazionale Trasporti ai livelli reali del 2010-2011, pari a circa 6,5 miliardi di euro a prezzi attuali, con uno stanziamento che porti a unmaggior finanziamento del fondo per 1,2 miliardi di euro. “Si tratta di investimenti significativi- conclude Magliulo -ma sulla stessa scala di quanto messo a disposizione per l’ecobonus dei veicoli privati. Va inoltre considerato che le casse dello Stato continuano a sostenere il peso di sussidi ambientali dannosi, il totale ammontare dei quali è stimato in un range che va dai 24,2 miliardi di euro catalogati dal Ministero dell’Ambiente ai 78 miliardi di euro individuati dalle associazioni ambientaliste”. 

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