Covid, buco da un miliardo per gli agriturismi

Coldiretti: "Una situazione di crisi che rischia di essere aggravata dalle lentezze della burocrazia per l’arrivo degli aiuti alle aziende".

Autore: Redazione Greencity

Un buco da oltre un miliardo per i 24mila agriturismi italiani stretti fra lo stop nelle zone rosse e arancione e le limitazioni serali nelle aree gialle ma anche il crollo del turismo che rischia di compromettere il Natale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sugli effetti dell’ultimo DPCM in riferimento all’emergenza Covid per un settore chiave dell’agroalimentare nazionale che con 253mila posti letto e quasi 442 mila posti a tavola pone il Paese al primo posto in Europa.
Un duro colpo che – sottolinea la Coldiretti – arriva dopo che il primo lockdown ha azzerato le presenze in campagna nei tradizionali weekend di primavera e di Pasqua mentre durante l’estate ha pesato l’assenza praticamente totale degli stranieri che in alcune regioni rappresenta la maggioranza degli ospiti degli agriturismi.
Sulle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e in quelle di massima gravità – sottolinea la Coldiretti – il nuovo DPCM sospende tutte le attività di ristorazione e quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. Si tratta – precisa la Coldiretti – di un colpo drammatico a più di 1 azienda agrituristica su 5 attiva livello nazionale con la cancellazione di oltre 140mila posti a tavola. Nelle zone critiche rosse e arancioni è infatti consentita la sola consegna a domicilio – continua la Coldiretti – nonché fino alle ore 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali.
Limitazioni permangono però anche sulla parte del territorio nazionale fuori dalle due fasce più critiche dove – evidenzia la Coldiretti – le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto.
La gran parte delle aziende, che si trovano lontano dai centri urbani, la pausa pranzo – precisa la Coldiretti – non è sufficiente per garantire la copertura dei costi e quindi si preferisce chiudere.

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